giovedì 19 maggio 2011

"La solitudine dei numeri primi"

Oggi parlerò di un film che ho visto un po' di tempo fa, lo scorso settembre, quindi spero di ricordare un po' tutto bene.
Ogni anno al liceo, con un progetto di lettura, la professoressa di lettere ci faceva leggere un libro per por conoscere l'autore dello stesso che veniva a concederci un colloquio con lui. L'ultimo anno di liceo è stato il turno di "La solitudine dei numeri primi", di Paolo Giordano, che prima di questo libro non era uno scrittore ma ovviamente un amante della matematica. L'incontro è stato bello e io e il mio fedele compagno di avventure cinematografiche ci siamo decisi ad andare a vedere la versione cinematografica dello stesso. Non so se è stata una scelta saggia o se era meglio portarsi il ricordo del solo libro, ma comunque il fatto è fatto.
La cosa che più mi ha colpito, all'inizio, è stata sicuramente la grossolana calligrafia e grafica dei titoli di testa, in BLU! Io e lui, del tutto ignoranti in materia, l'abbiamo considerata una scelta esteticamente poco azzeccata.
Il film è più o meno fedele al libro, anzi forse è tra i più fedeli. Gli attori protagonisti sono bruttissimi, come nel libro descritti, anche se da grande lui è troppo bello per essere lui, e troppo muscoloso. Mentre lei... che dire? A me quella Alba R. non piace proprio, sembra un manico di scopa... (ma senti chi parla). Mentre non passa di certo inosservata Isabella Rossellini, figlia d'artissima, che torna in Italia solo per questo film in cui ha un ruolo sicuramente non di prima fila. A me non stanno simpatici quelli che abbandonano totalmente il loro paese. Ma forse lei non si sente tanto italiana...
Ma tornando al film in se stesso, è sicuramente angosciante per svariati motivi, per tutti i temi che tocca in tutte le fasce d'età che attraversa narrandoci la storia di questi due giovani molto simili, ma diversi per arrivare a toccarsi, in poche parole come due numeri primi, vicini ma lontani. Che bello tutto ciò, mi viene a conoscere.
Vite sicuramente difficili e complicate dal contesto familiare in cui sono state per volontà divina inserite, e che una volta che si incontrano finalmente si capiscono. Da piccoli incompresi, da adolescenti emarginati e vittime di atti di bullismo e da adulti, ci pensa il destino a prendersi gioco di loro. Non mancano le peggiori abitudini, autolesionismo e anoressia, forse per rinfacciare al mondo la propria esistenza o per sentirsi vivere morendo, per esserci nel passaggio da un mondo all'altro e notarne la differenza, se c'è. Tutto questo è quello che accade quando si smette di credere. Sicuramente è una storia depressiva e negativa, ma non in se stessa, bensì perchè quello che ci viene dato per binocolo è il punto di vista di due ragazzi che hanno una visione nagativa di tutto.
Se dovessi consigliarlo come film, non lo farei. Se proprio dobbiamo deprimerci meglio farlo leggendo. Almeno così non vediamo. E si sa, la vista a volte rovina.

VOTO: 5

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