mercoledì 25 maggio 2011

"Prendimi l'anima"

La mente umana è tutta un enigma. Capire se stessi è cosa da pochi. Alle volte è più facile decifrare gli altri che se stessi. E per una come che si fa mille problemi perchè non si capisce, è una soddisfazione riuscire a empatizzare con quello che mi succede attorno.
Su consiglio di un amico ieri sera ho visto un film molto interessante, dopo una pausa di lunghe settimane dai film. Eccezione fatta per "Pirati dei Caraibi". Il film si chiama "Prendimi l'anima". E' italiano. E' pure fatto bene. Ma non dirò più niente a riguardo. E' un bel film italiano del 2002. Punto. In realtà non è del tutto italiano. E' una co-produzione con Francia e Russia. Però la regia è italiana. E' di Roberto Faenza, regista e sceneggiatore di un altro bel film, "I giorni dell'abbandono".
Mi piace perchè è un film impregnato di psicologia, racconta infatti la storia vera di una donna malata di isteria e poi divenuta grande psicoterapeuta, Sabrina Spielrein. E del pupillo di Freud, il dottor Jung.
Difficile realtà medica quella di quegli anni, quando ancora Freud e i suoi metodi innovativi e scandalosi non erano presi totalmente sul serio e si pensava che ogni malattia fosse puramente organica e che derivasse dal corpo. L'anima non poteva essere affetta da alcuna malattia. Tutto si credeva essere corporeo. Poco dopo si arriva a capire che il corpo subisce le trasposizioni fisiche di quelli che sono mali psichici, molto più gravi di qualunque altra cosa. Tutto parte dalla testa, secondo me.
Molta sofferenza e molta pena nei confronti di una protagonista realmente vissuta che prima patisce le ferite di quel male interiore che la divora e poi, guarendone, riesce a divenire la prima donna psicoterapeuta della storia, arrivando ad influenzare coi suoi metodi sull'educazione infantile lo stesso Jung e addirittura il maestro Freud. La storia sembra a momenti improbabile, almeno per me che credevo che chi è malato a tal punto non ouò diventare da un momento all'altro completamente sano di mente e laurearsi e fare una vita normale, diventare addirittura un luminare. Ma credo che il difetto venga dalla durata del film di appena un'ora e mezza. Mi lamento sempre dei film lunghi due ore, ma questo mi ha affascinato da sembrare troppo breve. Per questo alcuni aspetti mi son sembrati trascurati e certe cose rimangono inspiegate. Ci sono dei salti importanti che mi hanno fatto perdere per un momento il filo della storia. Il più importante quello della guarigione. Probabilmente non esistevano abbastanza riscontri storici che testimoniassero la veridicità di quello che sia potuto avvenire in quell'arco di tempo.
Gli attori stupendi, Iain Glen che interpreta in dott. Jung affascinantissimo e bellissimo, e altrettanto la paziente-dottoressa Emilia Fox. Difficile il suo ruolo, per diventare malati di mente bisogna completamente annullare il controllo che abbiamo su noi stessi e lasciarsi andare ad ogni singola emozione. Ogni struttura cessa di esistere. Non è facile.
Odiosi invece i metodi che ci vengono fatti vedere su come si curava la pazzia prima dell'avvento di Freud. Mi rifiuto di commentare. Per i medici i pazzi erano forse animali.
Mi ha fatto molto pensare ad un altro grande film in bianco e nero sulla vita del mio grande ispiratore Sigmund Freud. Ma di questo parlerò un'altra volta...


VOTO: 8

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