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mercoledì 7 marzo 2012

Tra "Miseria e nobiltà" con link film

Tutti ne abbiam sentito parlare, anche voi che avete vent'anni come me e non c'eravate quando questo film è uscito, ma c'erano i vostri genitori, i vostri nonni. E ha fatto successo, chissà quante volte l'hanno dato alla tv e quanti di voi conoscono scene o battute senza saperne il titolo o senza averlo visto per intero. A me succede con un sacco di film, ma questo è storia ed'era assolutamente da vedere prima o poi. Miseria e nobiltà vi dice niente? A me dice molto, soprattutto se si fanno alcuni nomi come Totò, Sophia Loren... Storia del cinema italiano.
Due famiglie che vivono per miracolo si uniscono sotto lo stesso tetto con la speranza di riuscire a vivere e a mangiare più a lungo unendo le "ricchezze", ma la situazione è ogni giorno sempre più difficile, fin quando si presenta loro una possibilità alla quale non possono sottrarsi e la storia ha un lieto fine. Miseria e nobiltà sono l'inizio e la fine della storia, ma anche se questa si conclude bene e con qualche soldo in più per i nostri simpatici miserabili, è ben lontana dalla vera nobiltà di chi li aiuta a vivere. E' neorealismo questo di saper cogliere il vero per strada e riprenderlo mentre si fa così reale.  Le risate non si faranno mancare per questa commedia di tipo teatrale che prima di chiudere il suo sipario agli occhi degli spettatori fa pronunciare a un mito come Totò la seguente frase: Torno nella miseria, però non mi lamento: mi basta di sapere che il pubblico è contento. Questa frase è capace di emozionarmi perchè racchiude in se la meraviglia e il successo della commedia dell'arte italiana, infatti è uno scritto firmato De Filippo padre. La commedia dell'arte è sicuramente l'origine del Neorealismo Italiano. Tutto va bene purchè faccia ridere.

Il film si trova QUI

VOTO: 10

martedì 7 febbraio 2012

"I soliti ignoti" in attesa di rivederlo

Tempo fa ho letto da qualche parte, in spagnolo, che la capacità che hanno gli italiani di ricreare nei loro film gli ambienti, le situazioni e i contesti sociali sono fuori dal comune. Sottoscrivo che siamo dei fuoriclasse in questo.
Ho visto da poco I soliti ignoti, e mi è sembrato tutto così naturale, non per niente si tratta di neorealismo. Gli attori erano quello che erano, Mastroianni, Totò... e stupenda è la risoluzione finale. Trovare la ricchezza, come leit motiv di questo genere di film, e dopo tanto miserabile sforzo e impegno, e dopo tanto carcere, perdersi in un bicchiere d'acqua.
Però ho da dire che questi film vanno davvero capiti, si deve essere allenati a guardare i film che usano un linguaggio diverso da quello a cui siamo abituati, e io ancora forse non sono molto pronta, per cui sono sicura di essermi persa molto e di non averlo apprezzato per quello che merita, andrebbe visto sicuramente più di una volta e bisognerebbe entrare in una certa ottica. O farsi trasportare dalle emozioni e delle sensazioni, semplicemente. Forse non era il momento migliore per vederlo.

Il voto non voglio darlo, farei brutta figura. Meglio rivederlo tra un po'...

giovedì 5 gennaio 2012

"Bellissima" di Luchino Visconti con Anna Magnani

Alternare film moderni a film vecchi non fa male, anzi. Si possono fare tanti confronti, farsi una cultura, ammirare il passato, il che non guasta. E la superiorità cinematografica dell'Italia che da un po' ci ha abbandonati. Insomma, guardate più film del passato che sono belli!
Tempo fa ho visto Bellissima, di Luchino Visconti, con Anna Magnani e Walter Chiari. Un signor film, dunque. Si racconta di una madre disperata e senza una lira, che fa partecipare la figlia di 5 anni a un concorso di bellezza per essere a sua volta la protagonista di un film. Lo stile è quello che possiamo immaginare, la Magnani nel suo tipico ruolo da romana poveraccia e Visconti non perde l'occasione per girare sequenze molto lunghe e con uno zoom lontanissimo, tanto che in certi punti dovevo sforzare la vista perchè la lunghezza focale non è indifferente, gli attori dovevano essere molto lontani!
Per il resto la storia è bella, è commovente e c'è da aspettarselo. Quei film avevano uno scopo, e nel loro scopo riuscivano pienamente. E oggi, oggi il cinema italiano che scopo ha?

VOTO: 8

giovedì 9 giugno 2011

"Roma città aperta"

La chiamano Caput mundi e sicuramente non ha mai deluso nessuno, anzi. E' indiscutibilmente la regina delle città. Roberto Rossellini le ha attribuito il connubio "città aperta", e non ha sbagliato. Città aperta perchè è stata una di quelle città che si è arresa dandosi al nemico senza opporre alcuna resistenza. E così troviamo Roma nel secondo dopoguerra. Distrutta e dilaniata dalla guerra, ma pur sempre bella. Oh, l'è una gran donna Roma eh!
Poi se a tutto ciò uniamo una stupenda Anna Magnani ed un sempre perfetto Aldo Fabrizi, allora Roma città aperta non può fare a meno di essere un premio Oscar!
La guerra, sempre lei, distrugge le vite dei personaggi del film. Non vale la pena che vi dica di cosa parla, perchè il tema di tutti questi film è questo. Il contesto è lo stesso, cambiano poi le storie, ma sempre di poveri disgraziati si parla. Un film molto schietto e che va al nocciolo senza censure, la violenza non manca e si vede. L'unica cosa è che in questi film gli attori stranieri non ce li vedo proprio. Perchè lo chiamiamo Neorealismo allora? Tra l'altro Anna Magnani sembra che l'abbiamo trovata proprio lì nel film, sembra che non si sia spostata di un passo. Dov'era ce l'hanno mostrata. Eccellente però! Baffetti inclusi... E comunque chi non ha mai visto questo film non si consideri italiano!
Orgogliosa di essere italiana, anche per questo, per nomi come Rossellini, Fellini, De Sica, Visconti, Antonioni... eh, si... bei tempi quelli!

VOTO 10

"Sciuscià"

Quasi costretta, quindi per forza maggiore, in questi giorni mi sto dopando di cinema neorealista. Italiano, ovviamente. Tutto questo per colpa di un esame da dare, ma se non fosse stato per questo forse questi film non avrei mai scelto di vederli. Stando così le cose, ben venga il tanto atteso esame di Storia del cinema se mi porta a farmi una cultura in bianco e nero!
Sono convinta che poca gente della mia età sa cosa realmente è stato il cinema italiano del secondo dopoguerra. Pochi sanno che siamo stati i primi in molte cose in quel periodo (cinematograficamente parlando), e che abbiamo ispirato gli americani a fare altrettanto. Dopo ci sarebbero arrivati pure loro forse, ma noi per primi abbiamo stravolto le regole del continuity sistem, il cinema classico americano, rigido e pieno di regole indistruttibili. Abbiamo trasgredito, e abbiamo vinto, oh sì che abbiamo vinto, eccome!
Sciuscià è sicuramente uno di questi capolavori di cui parlo. Diretto dal maestoso Vittorio De Sica, è ambientato nel post guerra, come tutti i film del periodo, e narra le vicende di due ragazzini arrestati per detenere un cavallo, e per altri furti, raccontandoci la loro vita in carcere, ed infine fuori dal carcere, se di vita ancora si può parlare. E' un film pieno di movimento, ma va seguito con molta attenzione perchè è facile perdersi. Si tratta di piccoli passaggi che di volta in volta cambiano le loro sorti, non poi tanto. Sicuramente è una realtà crudele, non per niente stiamo parlando del riassestamento dell'Italia dopo la distruttiva seconda guerra mondiale. Non era facile vivere in quel contesto, tanto meno per gli sciuscià, poveri lustrascarpe che non possedevano niente e che ancora bambini venivano rinchiusi in carceri e addirittura processati! Giustizia strana. Secondo me non era quello il modo giusto per farli crescere. E mi ha sorpreso una scena in cui una specie di direttore del mini carcere ha ringraziato un capo per le condoglianze, gli era morto il figlio. Suo figlio sicuramente viveva bene, da pascià, ed'è morto, mentre tutti quei bambini erano ancora lì, quasi tutti senza un padre lì fuori. Certo mai gli sarebbe potuto venire in mente di prenderne uno con se...
Ma... quanto dovrà aspettare ancora il nostro cinema per tornare a essere IL cinema? Da tanto me lo chiedo... bisognerà attivarmi.

VOTO: 8

venerdì 20 maggio 2011

Questi ladri di biciclette...

Emo Philips ha scritto così: Una volta ho pregato Dio di regalarmi una bicicletta. Poi ho capito che non è così che lavora e allora ne ho rubata una e gli ho chiesto di perdonarmi.
Mi ha lasciato senza parole. Solo una cosa: quante storie ci inventiamo per giustificare i nostri comportamenti. Ma mi fa pure sorridere e pensare che questo tizio non ha capito niente, nonostante tutto, almeno nella sua non credenza mi ha ricordato un mitico film del 1948 di Vittorio De Sica. "Ladri di biciclette", appunto. Uno dei film italiani più premiati, Academy Awards (Oscar) nel 1949 a miglior film straniero, ma anche Globo d'Oro, tra altri riconoscimenti. Era da tempo nella mia lista dei film da vedere assolutamente. E finalmente l'ho visto. Dura molto, e non sono abituata a reggere per due ore film in bianco e nero. E' stata dura, però è andata bene. Sono comunque convinta che per questi film vecchi ci voglia una certa sensibilità. Per quanto riguarda me, va solo allenata. 
La storia ha come contesto la nostra solita Italia anni 40, quella della miseria e del realismo tanto premiato e con cui ci identifica l'intero mondo cinematografico. E sono orgogliosa di questo. 
Il protagonista ha una moglie e un figlio. Cerca lavoro. Lo trova, ma per essere preso ha bisogno di una bicicletta. Ma non possiede il denaro sufficente per comprarla. La moglie vende delle lenzuola, così lui può finalmente comprare la bicicletta e lavorare. Ma le biciclette all'epoca erano un lusso per pochi, e chi non poteva permettersele si divertiva a rubarle in giro. Un giorno, mentre lavora, anche la sua bicicletta scompare e per tutto il film quel delizioso Lamberto Maggiorani si appresta a cercarla disperatamente, come se fosse la cosa più importante della sua vita, come oggi noi ci metteremmo a cercare un'automobile o... un figlio! Visto con gli occhi di una figlia del nuovo millennio, sembra tutto un po' comico, ma messa nei panni di quell'uomo che senza quella bicicletta non poteva vivere, allora capisco che era fondamentale ritrovarla, vitale. A distanza di 70 anni, che volendo non sono neppure tanti, vedere come tutto è così esageratamente cambiato mi fa sentire sollevata ma anche triste. Era davvero difficile vivere fino a poco tempo fa, siamo cambiati tantissimo, e chissà quanto ancora cambieremo. Sopravvivere grazie a una bicicletta, quando oggi in casa ne abbiamo almeno 3 e non le usiamo nemmeno se non per fare delle passeggiate. Grazie per essere nata negli anni 90! Questo si che è Neorealismo italiano, questo si che è CINEMA ITALIANO!

VOTO: 9