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sabato 13 aprile 2013

'La verità nascosta' con Clara Lago e Quim Gutierrez

Il sospetto è una trappola mortale.
Sta scritto sulla locandina di un film che ho visto tempo fa, di durata molto breve, col quale sono partita abbastanza prevenuta e non mi sbagliavo del tutto.
Si tratta di La verità nascosta. Già in partenza, quando una legge questo titolo non può rimanere indifferente, visto che esiste già un gran film chiamato Le verità nascoste. Esistono mille modi per chiamare un film, a cosa si deve questa mancanza di fantasia? Il titolo è troppo per un film così da poco.
Ma tralasciando il titolo, anche se per me il film parte già col piede sbagliato, si tratta di una produzione hispanica, non so se spagnola o sudamericana, con attori spagnoli giovani e discretamente conosciuti in Spagna.
Andando al succo della situazione, per un sospetto una fidanzata giocherellona si ritrova vittima di una trappola mortale e prima che la storia venga indirizzata il regista ci ha voluto far credere per una attimo che si trattasse di un horror. Con una scena in particolare. Siamo stati anche illusi sulla colpevolezza/innocenza del ragazzo. Questo è sicuramente un thriller mal riuscito, anche se ce ne sono certamente di peggiori.
A me ha dato la sensazione di un gioco, l'ho trovato privo dello spessore che poteva farmelo piacere e credo che la colpa sia anche del doppiaggio che non mi ha entusiasmata. Che dire, lascio a voi l'ultimo giudizio...

VOTO: 4

giovedì 17 gennaio 2013

"The impossible" di JJ Bayona


Sono mancata ma sono tornata. E' per parlare di un film che mi ha profondamente commossa e mi ha fatto vivere coi protagonisti una tragedia realmente avvenuta nel dicembre del 2004 in Thailandia. Un terribile tzunami stroncò la vita di numerose persone e questo è quello che racconta The impossible, film ad alto budget firmato Juan Antonio Bayona, il regista spagnolo già autore di The orphanage che al suo secondo film sfrutta le testimonianze di Mária Belón (in foto con Naomi Watts) e della sua famiglia che trovandosi in vacanza nel paese asiatico per le vacanze di Natale, si trovarono coinvolti nel terribile maremoto.

Non vi sto a raccontare la trama perchè non avrebbe senso, ma per fortuna il finale è felice, per quanto possa essere usato questo termine in un contesto simile.
Bayona ci conferma di avere un grande talento nonostante la sua giovane età, e questa volta punta su qualcosa di diverso dal suo primo film. La presenza di due attori del calibro di Naomi Watts e Ewan McGregor ha influito sulla pubblicità del film, soprattutto se si pensa che la sua uscita nelle sale è stata preceduta da una premiere di lusso in stile Hollywood.

Naomi Watts, Tom Holland and Juan Antonio Bayona at "The Impossible" premiere at Kinepolis cinema in Madrid.

La Watts riceve la sua seconda nomination agli Oscar insieme ad altre, e sicuramente arriveranno anche molti Goya per lo spagnolo che si è lanciato in un progetto così difficile che ha richiesto spazi costosi e molti mesi di riprese. Le scene sono d'impatto ed'è davvero difficile immaginare come abbiano fatto, ma ho letto che la Watts ha avuto diverse difficoltà nel girare delle scene sott'acqua e per poco non ci lasciava le penne. Il rischio meriterà la pena? Guardatelo e sentire notizie come queste alla tv non sarà più lo stesso.

VOTO: 9

lunedì 21 maggio 2012

"Nadie conoce a nadie"

La mia ultima delusione cinematografica che posso solo giustificare con la distrazione e con la cosiddetta "forse in quel momento non ero predisposta a vedere quel tipo di film", è Nadie conoce a nadie (Nessuno conosce nessuno). Un film spagnolo di Mateo Gil, regista di thriller e horror, e con attori quali Eduardo Noriega, noto per questo genere di film, e il famoso Jordi Mollà.
Un thriller, appunto, basato su vicende religiose o meglio sataniste. Un gioco di cattivo gusto che include la realtà, o meglio porta i suoi giocatori a non distinguerla dalla fantasia che si sono costruiti per noia, come dice l'organizzatore del gioco, e per sfidare forse Dio. Giocano con pistole molto strane, che non uccidono ma stordiscono e si nascondono in delle segrete da cui tengono sotto controllo l'intera città su cui si accaniscono, Sevilla. Prendono di mira le chiese e coinvolgono nel loro gioco lo scrittore e autore di cruciverba, Noriega appunto, che per la prima volta non vedo nel ruolo del cattivo o dello "strano".
Secondo me a questo film manca quel qualcosa che lo avrebbe resto altrimenti geniale. Gli elemtni di base li ha, avrebbe potuto essere geniale se non fosse che manca la motivazione di base che spinga e motiva il tutto, e non parlo della noia, ci deve essere altro. Mi sembra una storia costruita in aria, e poco giustificata.

VOTO: 6

"El sur" di Victor Erice

Un'altra storia di padre e figlia, vista senza sapere di cosa si trattasse. Ho cercato i titoli dei film spagnoli più famosi di sempre, e ne ho scaricato qualcuno. Molti sono vecchissimi, questo di cui vi parlerò oggi è dell'1983, per la regia di Victor Erice, con un attore italiano che non conoscevo, Omero Antonutti.
Si chiama El sur racconta di una famiglia il cui padre è innamorato di un'altra donna e la figlia, che quasi lo venerava, lo scopre intorno ai 10 anni. Quando cresce, a 15 anni, viene interpretata dalla brava Iciar Bollain, più conosciuta come regista che come attrice. Ha ben interpretato un sentimento comune quasi a tutti le figlie femmine, quasi innamorate del loro papà di un amore speciale che improvvisamente, dopo una forte delusione, svanisce velocissimo. Dalla gelosia della ragazzina all'amore sincero e spassionato del padre per l'altra donna attrice, dal sentimento di delusione mescolato a quello di rifiuto, dalle riflessioni in silenzio di una ragazzina che da grande ci racconta la sua storia che è uguale a mille altre, e che non dice a parole niente di quello che possa sembrare un aforismo, eppure con le sue lacrime e il suo fissare il vuoto di quel sud che non dimenticherà mai, ci fa capire quanto sia importante nella vita di una donna l'amore di suo padre e che quando questo si svela per quello che è realmente, passato l'amore quello infantile, è difficile ma conveniente vederlo per quello che è, nei suoi pregi e nei suoi difetti. Scommetto vedendo le scene finali, che a Estrella sia costato questo passaggio, e la sorte non l'ha aiutata perchè le ha tolto troppo presto la possibilità di guarire da quell'amore. Il padre muore e lei, volente o nolente, è costretta a compiere un passo che le darà la vita.


VOTO: 8

domenica 8 aprile 2012

"Besos para todos"

D'ora in poi tornerò a vedere più film in spagnolo, per non dimenticarmi come si parla. Non sto scherzando, sento che la mia conoscenza di questa lingua la sto perdendo.
E siccome era ed è mia intenzione quella di vedere tutti i film con Pilar Lopez de Ayala, il nuovo aquisto del gruppo di attrici che preferisco, insieme a Natalia Millán, Marisa Paredes e Blanca Suarez ed altre, parlando di attrici spagnole. Besos para todos è uno di quelli. Classico film spagnoleggiante con le classiche tipicità dei film spagnoli ambientati negli anni sessanta, tra bassi fondi e prostituzione. Anni sessanta con canzoni come "Pregherò" e "24.000 baci", anche in Spagna. Lo stile nel vestire mi è sembrato una copiatura di quello che si vede spesso nei film italiani del periodo. Scommetto che il regista si è un po' ispirato a noi. Ma mantenendo qualcosa che solo nei film spagnoli fin ora ho visto, e cioè quella vivacità di colori nel vestire, colori forti e accesi messi insieme senza nessun rispetto per la moda. Questo sì che è tipicamente spagnolo!
La storia non mi è sembrata niente di eccellente, anzi è abbastanza "regolare". Simpatico l'interpretazione di Lopez de Ayala che da un accento diverso alla sua strana voce che mi diverto ad imitare. Anche il suo personaggio è particolare, ragazza per bene dall'apparenza seria ma con ambiguo temperamento.
Quindi pure loro ripetono sempre gli stessi motivi più o meno come noi, ma si apprezza sempre quello che non è nostro, e questi film divertono. La qualità non è alta, non c'è dubbio.

VOTO: 5

martedì 28 febbraio 2012

Davvero "Muertos de risa"

In puro stile Alex de la Iglesia è Muertos de risa (Morti dal ridere). Con Santiago Segura e El gran Wyoming, due grandi attori e comici spagnoli, il film racconta le avventurose vicende e i conflitti di una coppia di comici diventati famosi e adorati da tutti ma che finisce per odiarsi. Nel film la loro ascesa al successo e i loro momenti di crisi e tensione che li portano a odiarsi talmente tanto da volersi uccidere. Un film davvero divertente e che sa intrattenere bene, d'altronde da un maestro di questo genere qual è de la Iglesia, non c'era da aspettarsi altrimenti. Scene brillanti e momenti che strappano più di una risata, consigliato vivamente, anche se non so se si trova in italiano o coi sottotitoli. Non perdetevelo! Humor alternativo e non banale assicurato.

VOTO: 8

"Buenas noches España" film sperimentale ai margini

Non ho mai visto cinema alternativo e sperimentale, e sono rimasta sbalordita dalla novità di un non film come Buenas noches España. Di Raya Martin, il film concorre al Festival Margen che si dedica alle pellicole al margine del cinema spagnolo cosiddetto "normale". Nonostante la sua particolare abnormità mi è piaciuto perchè mi ha tanto ricordato un sogno, con i suoi contenuti confusi, ripetitivi, non univici e che lasciano perplessi. Costituito di più episodi ha davvero le sembianze di un viaggio onirico nei sentimenti dei personaggi e nella storia passata. E' muto e accompagnato non sembre dalla musica. Potrebbe sembrare noioso e lo è per certi versi, soprattutto perchè la qualità non è nella norma, sembra ripreso con una macchinetta da quattro soldi e poi peggiorato (per renderlo migliore) al computer, visto che le immagini non sono chiare e i colori sembrano invertiti o dipinti a mano, tanto che ciò che si vede non sempre appare chiaro. Ma non credo che esistano altri modi di renderlo più simile ad un sogno, e ci è riuscito perchè me l'ha ricordato. Chiunque credo possa fare una cosa come questa, ecco perchè si trova al margine del commerciabile, perchè è all'altezza di chiunque.
Il titolo non mi è ancora del tutto chiaro, e ancora meno lo è il perchè un'attrice come Pilar Lopez de Ayala che ha lavorato coi migliori registi spagnoli e non, abbia accettato di partecipare a questo progetto così sperimentale. Suppongo che ci avrà creduto, o altrimenti le è sembrata una cosa originale e diversa che rompe lo schema tradizionale della narrazione.

VOTO: 6 (voto ai margini)

lunedì 27 febbraio 2012

Il femminismo alternativo di "Las 13 rosas"

Vedere le donne combattere in guerra, in modo diverso dagli uomini e chissà perchè sempre uscendone da sconfitte, sortisce comunque un certo effetto. Las 13 rosas non è di certo da meno.
Un gruppo di donne comuniste viene preso di mira e rinchiuso in carcere, è difficile sfuggire alla morte e non ci riusciranno. Per tutto il tempo, con la cieca speranza di essere risparmiate, cercano di andare avanti, e alcune di loro sono realmente innocenti. Tanto meno potevano essere considerate colpevoli quelle che avevano un'idea diversa da quella vigente e che non dava alternative ma anzi le reprimeva. Ovviamente la debolezza dell'essere donne è andata a loro sfavore, ma fa rabbia sapere che è tutto terribilmente vero e che non sia stato fatto niente per evitarlo.
Un film commovente che fino alla fine non ci risparmia le lacrime con il suo meraviglioso messaggio finale mandato da una madre a suo figlio, esortandolo a non dimenticare. Parole importanti, e non credo che quel figlio abbia dimenticato tanto facilmente che i suoi genotori furono uccisi dal regime franchista del periodo. Inutile era difendersi, le cose erano come volevano i potenti e non c'era modo di replicare, come sempre in ogni dittatura.
La disperazione delle storie di queste donne non può essere dimenticata facilmente nemmeno da noi che le vediamo da lontano. Il maschilismo (soprattutto del personaggio di Adriano Giannini) c'è e in questo film anche se velato emerge. Oggi la donna è diversa ma ancora molto lontana, grazie al cielo e grazie al progresso però molte cose sono state distrutte. Questa è la storia di un gruppo di vere donne.

VOTO: 8

La malinconica miseria di "Bailame el agua"

Solitamente i film tratti da un libro sono considerati un flop perchè il punto di partenza è sempre più alto e questi non si dimostano all'altezza, ovviamente con le dovute eccezioni. Eccezioni tra le quali si annovera Bailame el agua di Josecho San Mateo, un film spagnolo del 2000, con i grandissimi Uñax Ugande e Pilar López de Ayala. Non credo sia arrivato in Italia.
La storia è quella di due giovani senza una lira che si arrangiano e cercano di sopravvivere con quello che trovano in giro, che non è necessariamente il meglio che possano trovare. Lui finisce a spacciare droga e a drogarsi e lei a prostituirsi. Lei lo fa dopo che capisce che lui non è in grado di portare soldi a casa in nessun modo, e lui lo fa per la disperazione di aver visto a cosa si era ridotta la sua donna. Smette di amarla quando scopre l'imbarazzante mestiere ed entra in crisi, ma io credo che quello che realmente lo faccia star male non sia il lavoro di lei, ma il fatto che lui l'abbia trascinata lì e che non sa come uscirne, perchè ha inevitabilmente fallito come uomo e come compagno. Dice di non amarla più quando io credo che il problema sia solo il suo, ce l'ha con se stesso e se la prende con lei. La disperazione fa da padrona in tutto il film, ma tutto precipita e va a peggiorare alla fine, che è davvero una fine.
Per diversi e palesi motivi la storia riesce, l'ambiente è costruito benissimo con la musica giusta e trasmette continuamente un senso di malinconia. Il contesto con cui viene costruito un film per me fa molto, ed essendo la storia molto semplice e già sentita, era importante che gli attori  fossero dei grandi interpreti. Ovviamente il tutto ha da sfondo quella Spagna che ci viene spesso rappresentata e che anche se i diretti interessati tendono a nascondere per me è esemplare e riassuntiva, anche se non è tutto lì. Gli ambienti disagiati e la miseria in primis, tipiche dei film spagnoli più spagnoli di tutti.

martedì 7 febbraio 2012

"Perdita durango" senza riserve

Su Iris, canale tutto nuovo per me, ogni sera in seconda serata, film interessanti. In realtà non solo in seconda serata. Sempre, a qualunque orario.
Qualche sera fa ho visto che stava per iniziare un film di Alex de la Iglesia che avevo scaricato ma che è rimasto nella mia pennetta usb attualmente in coma. Così ne ho approfittato, credendo di non poterlo poi vedere di nuovo. O più semplicemente perchè non avevo sonno.
Si tratta di Perdita durango, un film d'azione comico, come nello stile di questo fantastico regista spagnolo, che racconta di una coppia di folli satanisti che si avventurano in Messico per fare soldi. Da qui mille vicende e episodi al limite del reale. O della sanità mentale, oserei dire. De la Iglesia ha la particolarità di creare situazioni davvero bizzarre e originali, e se la cava pure con il flusso delle azioni, non annoia e sa come intrattenere l'esigente pubblico. Questo è un esempio di quei film che non rientrano nei miei generi prediletti ma che apprezzo quasi come lo fossero.
Dire che è un film strano è forse riduttivo, posso dire che mi ha stupito la partecipazione di un mito come Javier Bardem, che qui come ovunque da un tocco magico alla storia, con la sua versatilità e forza recitativa. Credo pensandoci che la storia di base sia normale, sono i due personaggi che formano una coppia davvero instabile mentalmente, dal gusto per l'orrido e il cruento. Sicuramente scappa più di un sorriso, credo sia questo lo scopo, ma se questo accade non è perchè le situazioni sono tipicamente comiche, forse il contrario, è una comicità atipica. Chi riderebbe col sangue o con i sacrifici satanici o con delle violenze sessuali? In questo film nessuno si sente colpevole a sorriderci sopra, perchè il normale viene soppiantato dall'anormale che diventa regola. C'è solo da conformarsi.

VOTO: 6

domenica 15 gennaio 2012

"Solo quiero caminar", film d'azione made in Spain

Dallo stesso regista di Sin noticias de Dios (Senza notizie di Dio), il film Solo quiero caminar (Voglio solo camminare) vanta anch'esso un cast di livello. Victoria Abril, Ariadna Gil, Pilar Lopez de Ayala, Elena Anaya. Nomi che chi conosce il cinema spagnolo, apprezza. Un film di quelli che anche se non è nel mio stile mi è piaciuto molto. Si tratta di un film d'azione all'americana, ma dove si riconosce quel tocco che solo gli spagnoli in Europa in questo periodo sanno dare. In attesa che il cinema italiano si svegli dal lungo letargo decennale.
Una banda di ragazze progetta una rapina ad una "società" criminale composta da tutti uomini. E' come una lotta tra i due sessi. Ma qualcosa va male e una delle quattro ragazze viene catturata per poi fatta uscire di nuovo dal carcere grazie all'aiuto delle amiche che fanno di tutto e di più pur di liberarla. Una volta fuori ha inizio il processo per rimettere in sesto il gruppo, meno una che a causa di un brutto incidente è rimasta in coma. L'impresa riesce bene per le ragazze, ma come quasi in tutti i film non è solo la parte nemica ad aver subito delle sconfitte. Anche le ragazze perdono pià di qualcosa, e dal finale traspare un po' di malinconia. Valeva davvero la pena che tutto ciò succedesse? Non so se i personaggi hanno meditato sulla loro criminalità, ma sicuramente da entrambe le parti, amiche e nemiche, ognuno in cuor suo ha dato l'impressione di soffrire ogni sua azione e ogni male gratuito offerto. Con questo film confermo l'ammirazione per la new entry nella mia cerchia di attrici preferite: Pilar Lopez de Ayala (Giovanna la pazza, Lope...), madrilena 34enne, doppiamente discendente da Cristofolo Colombo e nata il mio stesso giorno e mese dell'anno. Doppiamente brava!

VOTO: 7

giovedì 5 gennaio 2012

"Senza notizie da Dio"

Un angelo e un diavolo. Rispettivamente le spagnolissime Victoria Abril e Penelope Cruz. Anche questo film l'ho visto per quest'ultima. Un film molto originale, mi è piaciuto molto, lo consiglio vivamente. E' particolare, l'ho già detto? Direttamente dal cielo, con Gael Garcia Bernal nei panni di Dio, un Dio un po' strano, questo si. Sicuramente mette in evidenzia e risalta le particolarità e le caratteristiche attoriali di queste due attrici meravigliose, ma è stato una gran sorpresa per me, soprattutto il finale! Guardatelo, che non dico altro! Quando si vuole essere brevi...

VOTO: 6

venerdì 30 settembre 2011

"La vida empieza hoy" arriverà in Italia?

Penso che lo rivedrei molto volentieri, è una storia davvero carina e originale. Si pensa che non ci sia più spazio nella società e nel lavoro per chi ha superato già i sessanta, e invece se la storia funziona e ci racconta come vivono e cosa pensano e cosa soffrono i nostri nonni, allora viene fuori una divertente commedia come La vida empieza hoy (La vita comincia oggi). Mi è piaciuto proprio tutto del film, dagli attori stupendi oltre che affermati, a partire da Pilar Bardem fino ad arrivare a Maria Barranco che adoro. Il suo ruolo e quello della madre danno vita a una storia tra le più comuni e commoventi. La Bardem è davvero in gamba, esteticamente modificata al massimo che nemmeno sembra lei! E ho ritrovato un attore della mia serie preferita El internado, Fernando Tielve, che però non è che mi piaccia molto, spaventa un po'.
Questo film mi ha ulteriormente convinta del fatto che non è mai detta l'ultima parola. Si può ancora vivere e ricominciare a qualunque età se ancora la mente ha voglia di farlo, e l'anima. Si deve essere giovani dentro, sembra una frase fatta ma è una verità. Sicuramente mi ha meravigliato assistere alle lezioni sul sesso di un gruppo di settantenni, ma più che altro è una sensazione di tenerezza mescolata ad ammirazione. Solo in Spagna può succedere! Qui darebbe scandalo, e pensare che fino a poco tempo fa erano più indietro di noi! Come si cambia eh?
Però mentre lo guardavo mi sono posta una domanda. Cosa spinge una quarantenne a fare un film così? Ho pensato che fosse paura della vecchiaia o voler convincersi che non è mai troppo tardi, quindi in un certo senso consolarsi con le storie di altri. Poi ho pensato: "E se davvero questa tizia ci crede a quello che ci fa vedere?" In questo caso la ammiro, e ammiro il modo di viviere di un popolo come quello spagnolo che non smette mai di stupirmi e che da al mondo lezioni di vita che fanno dell'allegria l'elemento di base per vivere bene (a qualunque età).

VOTO: 8

mercoledì 28 settembre 2011

"Belle epoque"

Troppe brave attrici nello stesso film hanno il risultato he mi perdo la trama del film e guardo i dettagli. E' il caso di Belle epoque, dove recitano insieme delle giovanissime Penelope Cruz e Maribel Verdù, tra le altre.
Una storia che ha dell'incredibile anche se tengo in conto che è spagnola. Un uomo riesce a portarsi a letto le quattro figlie di un suo vecchio amico nella stessa casa dell'uomo. Ma siamo scemi? No, appunto, è un film spagnolo. La cosa più sorprendente... ma quanto cavolo era piccola Penelope? Sembra passata una vita e invece... santa chirurgia!
In poche parole, sarà pure un film da intrattenimento e non mi è dispiaciuto, ma non è niente di che, è un film senza pretese. Siamo realisti, dai! Sarà pur sempre la Spagna, ma era Spagna degli anni 30!
Ah, mi piace la locandina.

VOTO: 6

lunedì 26 settembre 2011

"La pelle che abito" recensione

Non ho mai atteso così tanto un film tanto da andare al cinema il primo giorno in cui è uscito nelle sale cinematografiche italiane, il 23 settembre, dopo 21 giorni dal suo estreno in terra madre. Arriva finalmente al cinema, direttamente dalla mia amatissima Spagna il nuovo capolavoro di Pedro Almodovar, La pelle che abito (La piel que habito).
L'ho atteso tantissimo, da più di un anno seguo ogni notizia, guardicchio foto di scena sul set e ascolto o leggo interviste, tanto da emozionarmi quando il cast arriva a Cannes dove va via quasi a mani vuote, ahimè. Fortunatamente a solo due settimane dalla sua uscita già riceve un premio in Giappone, così Pedro (o come disse Penelope Peeeeeeeeedroooooo!) può tranquillizzarsi. Sono sempre più convinta che ci si debba impegnare molto nei primi lavori e che se ti fai un nome tutto fila più o meno liscio come l'olio, e Pedro lo sa anche lui.
Si diceva fosse uno dei suoi migliori film oltre che quello che più si allontana dalla sua filmografia essendo La piel que habito il suo primo thriller vero e proprio. Dico vero e proprio perchè elementi da thriller sono presenti in altri dei suoi film con la differenza che in questo il thriller è il genere dichiarato. Entusiasta sono entrata in sala ed eravamo meno di dieci. Mi sono sorpresa ma non troppo. Gli italiani ne hanno di strada da fare, e non stupisce che questo film risquota più successo di critica che di pubblico. Per lo meno in Italy. Come ci siamo ridotti... Spero che in questi giorni le cifre migliorino perchè merita, e non lo dice solo una che è spudoratamente almodovariana.
La trama la sapevo già, ma sapevo che qualche colpo di scena mi avrebbe fatta morire dalle risate oltre che colpire e riflettere, e il colpo c'è stato e non potevo crederci. La storia non è originale, si tratta di un soggetto adattato alla novella "Tarantola" di Thierry Jonquet. Ma non vi credete che perchè non l'abbia ideata Pedro, sia una storia i cui meriti sono solo dell'autore. Assolutamente no, Almodovar ha fatto un gran lavoro, ci tengo a dire che il film porta la sua firma in ogni inquadratura, in ogni colore e nello stile di ciascuna persona che ha messo mano a questo suo grande progetto. Si riconoscono anche in una storia diversa dalle altre le sue tendenze e le sue particolarità che lo rendono autore brillante del cinema spagnolo e qualcosa mi dice che presto mondiale. Elena Anaya è la protagonista, battezzata dallo stesso Almodovar come la futura Penelope Cruz. Grandissima attrice! Antonio Banderas la accompagna in questa vertiginosa lotta verso la sopravvivenza, life motive dell'intero film. Banderas è il più grande attore spagnolo (prima o dopo?) con Bardem. Nel film è così lucido e consapevole delle follie che mette in atto da farle sembrare quasi giuste e corrette a chi guarda. E' un folle gentiluomo, ha le sue ragioni e da lì non si scappa. Altra presenza che vorrei lodare è un volto nuovo per l'Italia, ma non ancora per molto. Si tratta di Blanca Suarez, madrilena ventiduenne che interpreta la figlia di Banderas, Norma, una ragazza con problemi non dalla nascita. Appare in sole tre scene ma la sua ultima scena vale più di tutta la filmografia della Arcuri messa assieme a quella di Gabriel Garko. Stupenda, emotivamente perfetta ed arriva in una maniera impressionante per l'età che ha. Sono positivamente sconvolta da questa ragazza, è adorabile! Insieme a loro tre anche la mia cara Marisa Paredes che è un classico in Almodovar, e Jan Cornet e Alberto Alamo. Ma mi sbaglio o mi è semblato di vedele niente popo di meno che... Augustin Almodovar? Il fratellone produttore di EL DESEO che insieme a Pedro finanzia i suoi film e non solo. Tutto ciò che sia alternativamente diverso, si sa.
Altri accorgimenti. Nel film ci sono pochi dialoghi  mi sbaglio? Ci sono motlissime scene silenziose e non meno significanti. L'uomo tigre è sbucato fuori da uno dei film sperimentali della prima era Almodovar, ne sono certa. Era l'elemento meno lineare, direi l'intruso in una storia che a prima vista poteva sembrare normale. Poi alcuni dialoghi mi hanno smentita. Sembrava tutto troppo strano in quel modo, ci voleva qualcosa di tutto suo (di Almodovar). Se dovessi individuare cosa di questo film mi è piaciuto di più direi che l'ho apprezzato nel suo complesso per essere qualcosa di diverso da quello che normalmente siamo abituati a vedere, e non è poco. Poi la storia in se è spettacolare, a me ha fatto pure ridere dalla tristezza. Tutto è un insieme di emozioni contrastanti, adoro il modo di sdrammatizzare di Almodovar che quando avviene una tragedia riesce a far finta di niente. E' reale tutto ciò, se nella vita vera dopo una morte vicina ci togliessimo poco a poco la vita pure noi sarebbe impossibile continuare. Almodovar toglie la pausa di mezzo tra il lutto e la ripresa dei personaggi e oltre a risparmiare tempo ottiene un risultato sorprendente. In La pelle che abito è un po' diverso, ma c'è anche questo. E' particolare, non c'è dubbio, ma se vuoi vedere una storia normale non vai a vedere Almodovar. E forse non è nemmeno questo. Quello che suona a prima vista stonato nei suoi film è il modo in cui fa succedere le cose, non le cose in se. Sembra tutto molto finto a volte, e forse fa bene distaccarsi un po' dalla finzione. Tra i tanti La pelle che abito è quello che sembra più reale. Insomma, è indiscutibilmente lui. Pedro, Pedro, se non fossi gay ti corteggerei...

VOTO: 9

sabato 16 luglio 2011

"Secretos del corazon"

Torno dopo quindici giorni di pausa studio (ovvero pausa per studiare e non pausa dallo studio) con un film spagnolo e scommetto di non sorprendervi poi tanto. Anche con la causante dello studio non mi è stato impedito di intrattenermi con film di diverso tipo, e l'ultimo che ho finito da poco di vedere è un film candidato all'oscar, firmato Montxo Armendáriz, del quale aspetto il prossimo film "No tengas miedo" con la bravissima Belen Rueda. 
Anche questo film, pressapoco sconosciuto in Italia, mi è stato consigliato dalla mia consigliera spagnola amante di cinema quanto me, e non senza tenerlo in lista un bel po', l'ho finalmente scaricato. 


Non so perchè ma non mi ha entusiasmato più di quanto mi aspettassi, mi è sembrata una storia come tante altre e non penso che abbia dei meriti in più rispetto ad altri film. Ce ne sono sicuramente di migliori, e per essere un film per bambini, gli spagnoli non si sono mai tolti il vizio di metterci dentro scene che sicuramente avrebbero portato mio padre a cambiare canale se mi avesse sorpreso a vedere Secretos del corazon. Ed'è forse per questo che non l'ho apprezzato particolarmente, perchè è forse di quei film che puoi gustare meglio quando sei piccola, quando ti interessa vedere a cosa e dove porta la fantasia di un bambino che vuole scovare i segreti di sua madre e del suo defunto padre. E' la Spagna anni 60, tutto qui, e d'altra parte non può farmi che piacere constatare che anche lì, come qui da noi, era tutto uguale.


VOTO: 6

venerdì 24 giugno 2011

Altro che "Vanila sky"

Sono convintissima che i remake sono sempre peggiori degli originali quanto sono convinta di non essere l'unica a pensarlo. Per cui non vedo il perchè Vanilla sky dovrebbe fare la differenza. Remake americano del famoso e pluripremiato Abre los ojos di Alejandro Amenabar, Vanilla sky cambia più di qualcosa rispetto all'originale. Non mi è piaciuto, anzi l'ho proprio seguito poco perchè si è persa completamente l'essenza dell'originale e il suo clima di tensione che percorreva tutto il film accompagnato alla sensazione di trovarsi di fronte a una storia abbastanza surreale, tra la realtà e il sogno/immaginazione. Nella versione americana tutto ciò manca, sicuramente non per colpa di Tom Cruise o Penelope Cruz che ripete lo stesso ruolo già interpretato nell'originale hipanico. Tom era sicuramente perfetto per il ruolo, lei anche perchè l'aveva già fatto, ma Cameron Diaz nel ruolo della folle ossessionata era proprio inadeguata con quel suo viso d'angelo.
Quindi il problema è un particolare elemento che a mio avviso non ha nome ed'è di difficile identificazione, perchè penso che la differenza stia proprio nel passaggio da un paese all'altro, avendo dovuto adattare la storia in un altro continente, ambienti, modi, caretteri e tutto cambiano, e si vede parecchio. Per questo non trovo l'utilità del remake. Partono già sconfitti.

VOTO: 3

giovedì 16 giugno 2011

"Eskalofrio"

Secondo me tutti i film horror sono una gran cavolata. L'unica cosa che può salvare dalle solite storie da paura un film, è il genere thriller, che mescola generi diversi e che può anche far commuovere, insomma un film che ha di base una sua storia interessante. Ce ne sono molti esempi. Ma i film horror che vogliono solo spaventare e lo fanno maldestramente senza riuscirci, per me sono totalmente inutili. Oggi mi è capitato di vedere Eskalofrio (Brivido), è una specie di horror, ma in realtà è più thriller, l'ho visto solo perchè era l'ultimo film che mi mancava dalla filmografia di Blanca Suarez, la giovane promessa del cinema spagnolo che in questo film del 2008 aveva solo 17 anni. La storia è quella di un ragazzo, con una strana malattia che lo rende sensibilissimo al sole, che si trasferisce in un paesino con la madre, un paesino dove succedono cose strane dal momento che il ragazzo ci vive. Muore gente e lui si ritrova sempre in mezzo, solo che non è lui l'assassino, è chiaro. Così viene fuori una storia vecchia che trasforma in mostro una bambina tedesca. Insomma, è qualcosa di inverosimile. Non mi ha per niente sorpresa, tanto meno spaventata. Però la storia drammatica che stava alla base degli omicidi non era aproprio da buttare, io ci avrei messo molta meno violenza, perchè è totalmente impossibile che una bambina di pochi anni potesse seminare tutto quel terrore.

VOTO: 5

domenica 5 giugno 2011

"Agora"

Chi ha detto che l'uomo è il sesso forte? A chiunque verrebbero dei dubbi dopo aver visto Agora. Lungometraggio del regista spagnolo Alejandro Amenabar, il film narra la storia della bella e intelligente regina Ipazia, una donna di raro coraggio per il periodo in cui ha vissuto e che alla fede cieca ha preferito la scienza. Scelta che non le ha reso di certo vita facile e che l'ha portata alla condanna a morte.
Nel ruolo di Ipazia la bravissima Rachel Weisz che interpreta appunto una matematica che si ribella contro ogni tipo di fondamentalismo e ogni regola prestabilita che non prenda in considerazione l'uomo e la sua libertà. A detta dello stesso regista, Ipazia incarnerebbe la figura di Gesù al femminile, cioè quella di donna perseguitata per quello che diceva e pensava. Per questo stesso motivo il film non sarebbe una critica verso la religione ma verso i suoi estremismi. Sinceramente mi viene difficile credere alle parole del regista vista la sua omosessualità, anzi sono quasi del tutto convinta che in fondo ci sia una critica alla religione ma che per motivi di censura abbia unicamente fatto derivare l'origine del film a motivi contrari al fondamentalismo. Il che è sicuramente vero e non lo metto in dubbio. Purtroppo gli errori commessi dalle religioni sono molti, e la Chiesa sicuramente li colleziona tutti, e questo è uno di quegli errori non commessi solo dalla Chiesa ma soprattutto dai bigotti del periodo che non aspettavano altro per poter giudicare e sentenziare la vita degli altri. Mettere a morte una donna di tale grandezza per motivi al quanto discutibili...
           
                                                 Chi non ha peccato scagli la prima pietra.

VOTO: 8

giovedì 2 giugno 2011

La favola reale di... "Felipe y Letizia, deber y querer"

Noi donne siamo sicuramente molto diverse tra noi, ma se c'è qualcosa che indubbiamente ci unisce è l'irresistibile passione per le favole d'amore. Ma parlo di quelle vere, favole d'amore nel vero senso della parola. Almeno io, ne vado matta, eppure non sono un tipo romantico, anzi... Se c'è una storia alla quale non so resistere è quella di una principessa, non c'è niente da fare. Ad esempio non mi stanco mai di vedere mille volte nel giro di poco tempo i film che si basano su biografie di famiglie reali di ogni epoca, mi piacciono anche per questo i film in costume, visto che ai giorni nostri è difficile che un matrimonio reale venga usato come tema per un film. Difficile ma non impossibile. Infatti "Felipe y Letizia" è l'ultimo film che ho visto che mi ha reso completamente schiava di se stesso. Come si può facilmente immaginare, racconta la storia d'amore tra l'erede della corona spagnola principe Felipe di Borbone e la giornalista televisiva Letizia Ortiz Rocasolano, dalla loro poco casuale conoscenza al giorno delle nozze. Ovviamente sono amante della Spagna e di tutto quello che la riguarda, ma negli ultimi tempi mi sono scoperta altrettanto appassionata degli eventi e alle curiosità che interessano la famiglia reale, sicuramente da quando ho visto per la prima volta questo film, l'ottobre scorso.
Una famiglia che ha poco di reale se pensiamo che è "all'altezza" di tutti, se pensiamo che è disponibile, semplice e discreta, e molto amata dagli spagnoli, ma di un amore che si è guadagnata con grande difficoltà nel corso degli anni che hanno seguito la fine della dittatura di Francisco Franco, nel 1975. Non per questo manca di classe, è sempre e comunque una famiglia reale, con tutti i suoi segreti nascosti nei secoli e con la sua classica mentalità religiosa e di esempio per la popolazione. Nonostante tutto gli spagnoli cominciano ad essere stanchi di dover mantenere una famiglia che costa sempre più visto anche l'aumento dei suoi membri negli ultimi anni. Sicuramente il principe e le infante non si pongono il problema di fare meno figli per non poterli mantenere, perchè a questo purtroppo devono pensarci gli spagnoli. Comunque è una famiglia molto attiva nel sociale e nella beneficenza, è questo il suo compito istituzionale, di arrivare dove il capo del governo non può, si occupa di estetica insomma. Il che fa ridere, ma è vero.
Ancora più vero è che la famiglia reale negli ultimi anni ha fatto parlare molto di se, ma solo perchè si è dimostrata essere una famiglia delle più normali. Per chi pensa che sia ancora sacra invece, tutto quello che accade nel Palacio de la Zarzuela è uno scandalo e perdita di credibilità. Insomma, è una famiglia presa di mira, puntata per ogni cosa che fa. Spesso si dimentica che anche i nobili sono uomini e anche loro vivono in questo mondo moderno e vi si adattano, non sono immuni da tradimenti, divorzi, malattie e morte. Loro non lo dimenticano, è più facile che lo facciano gli spagnoli. Esistono più papisti del papa e più monarchici dei re. Sembra assurdo ma è così. Così è avvenuto quando l'infanta Elena ha divorziato dal marito, e ancor più quando il primo novembre del 2003, dopo non pochi indugi da parte della famiglia, il principe Felipe ha annunciato il fidanzamento con la borghese e divorziata giornalista tv Letizia Ortiz. Colpo di scena. Ci troviamo quasi di fronte al matrimonio del secolo, destinato a suscitare interesse e polemiche in tutto il mondo, ma prima di tutto in Spagna. Eppure Letizia si è fatta amare da molti fin da subito per il suo essere diversa, anticonformista, ribelle (lo dice la sua biografia prima di conoscere Felipe) e con molto carattere. Insomma una di quelle che non si fa mettere i piedi addosso nemmeno se a farlo è un piede reale. No, no, donna carismatica e che sa il fatto suo, è stata la scelta migliore di Felipe. Non si è mai data delle arie ed'è sempre rimasta coi piedi per terra anche se a corte si dice che sia ambiziosa e ossessionata dal restare sempre al centro dell'attenzione. Per questo si dice che sia in lotta continua con le cognate, e i giornali tirano fuori storie che la farebbero diventare la principessa triste e anoressica che non si è ancora abituata a vivere in una famiglia come quella. Io ci credo poco, però non si potrà mai sapere cosa accade realmente in quella famiglia, non trapela nulla.
Comunque mi rendo conto che sto deviando troppo, ma era prevedibile parlando di cose che mi interessano molto. Tornando al discorso principale, Felipe y Letizia, deber y querer (Felipe e Letizia, amare e dovere) è una mini fiction di Joaquin Oristrell che ha come protagonisti Amaia Salamanca, Fernando Gil, Marisa Paredes e Juajo Puigcorbé, rispettivamente nei ruoli di Letizia, Felipe, regina Sofia e re Juan Carlos. La somiglianza dei due protagonisti con gli originali è spaventosa! Complimenti al regista! Un cast decisamente ottimo e un film a mio avviso stupendo non solo per la storia in se che è sicuramente intrigante, ma perchè pare essere molto fedele alla realtà dei fatti. Ovviamente la casa reale l'ha visto e ha smentito quasi tutto, ma noi non ci crediamo per due motivi. Prima di tutto perchè ci piace credere che le cose siano andate così e poi perchè loro smentirebbero la qualunque, non potendo ammettere. Insomma re e regina, che voi ammettiate o meno poco ci importa, ma fateci sognare e credere che storie come queste possono avvenire essendo che c'è ancora Harry d'Inghilterra libero per le strade di Londra...

VOTO: 8